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McCurry: colori e ombre

Le foto di Steve McCurry non mi sono mai piaciute. Troppo stereotipate, troppo colorate, troppo appesantite dallo sguardo tipicamente occidentale.

Le polemiche e gli articoli di questi giorni sulle sue foto "photoshoppate" sono interessanti per la dimensione planetaria ma superflue nella sostanza.

Chi poteva pensare che fossero immagini non ritoccate? Con quei colori?

Quei ritratti con gli occhi "strani"...possono essere naturali?

E i pescatori dello Sri Lanka? Ci è tornato 12 volte per ottenere la fotografia dei pescatori sui pali, ma sembra un fotomontaggio di figurine ritagliate e posizionate nel mare.

L'unica stranezza di tutta la vicenda è la distrazione dello "sfortunato" grafico incaricato della post-produzione.

A parte l'evidenza del foto-ritocco, le foto di McCurry possono risultare discutibili anche per altri elementi tra cui le "caricature" cui sembrano sottoposti i suoi soggetti strizzati in cliché da turisti per caso.

Negli stessi anni, Eve Arnold, fotografa americana, aveva scattato ritratti di donne afghane e mediorientali che non hanno trovato la stessa fortuna della ragazza afghana di McCurry. Mi sono spesso interrogata sul motivo. Forse mancavano del foto-ritocco adeguato, un po' come una donna senza trucco.

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Una nota anche sulle foto italiane di McCurry. Quelle esposte a Venarie sono curiose nella scelta (sono visibili nella galleria a fondo articolo). Le altre esposte sul suo sito web sono stereotipi stile anni '70 -'80 e rifacimenti di autori italiani, quindi senza troppa fantasia e che spero siano stati intesi come omaggio ai fotografi nativi.

Al di là di tutto, l'allestimento della Mostra di McCurry alla Citroniera delle Scuderie Juvarriane della Reggia di Venaria è davvero suggestivo e ispirante. Biba Giacchetti e Peter Bottazzi sono riusciti a creare l'atmosfera ideale per poter godere appieno di una mostra fotografica. Dovrebbero essere tutte così le mostre, con fotografie singole sui pannelli e un'illuminazione studiata perfettamente su ogni immagine. L'avvolgente trasparenza dei teli e le ombre riflesse di uno sull'altro poi, danno spunti per reinterpretare gli spazi, sia fotograficamente che architettonicamente e la leggerezza, allo stesso tempo sontuosa, dell'allestimento accoglie i visitatori in un fluido e quasi onirico cammino tra le immagini. Mi piacerebbe scommettere sull'allestimento con altre immagini di altri fotografi, magari non della Magnum (già in overdose a Torino) e verificare se la stessa magia si possa ripetere. Sarebbe bello.

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